Sul doppio versante della parola poetica e del segno cromatico, l’una e l’altra s’inverano e confermano la “voglia” d’immediatezza emozionale, Egidio Perna propone umili e grandi meraviglie, colte d’impatto, in rapidi bagliori, o ritrovate a lampo di memoria. L’evidenza sensibile e l’attimo sospeso sopravvengono come rivelazioni ed esigono ancora e sempre, come purtroppo non si sa più dire, ingenua l’anima e l’occhio assai sincero. Ben s’intende che per ingenuità intendiamo quella indicativa della condizione di chi è nato libero ed ha innate, tra l’altro, per vocazione, le arti liberali che non a caso erano chiamate ingenue, con la prerogativa della semplicità. Che poi non c’è nulla di più complesso di un cuore semplice ce lo conferma Cassola.
Ai motivi urgenti che esigono di trasformarsi in linguaggio Egidio Perna risponde con la sincerità che è della semplicità: non a caso ritorna la rima baciata. Non a caso il lessico è tanto “domestico” da narrare il corpo e l’ombra dell’esistenza.
E’ Franco Rella ad ammonirci:”Ogni corpo, anche quello più prossimo e familiare, può diventare questo corpo oscuro, questa testa senza nome che si posa sul cuscino vicino alla nostra”.
Il nostro poeta/pittore non ama le ombre, soffre per ogni fuga dalla luce, per ogni lento trapasso nell’oblio mai sicuro, mai immune dal rodìo del tempo che implacabilmente consuma: la vita è con la vita: l’orologio, ricordo di papà si traveste nei sogni dell’abbandono; solo la voglia di vivere lo riporta alla luce perché si consumi in dignità di “ruolo”.
La semplicità è infinitamente complicata, via via esplicita ciò che si cela dietro l’apparente ovvietà: la macchina che misura il tempo è consumata dal tempo; rigenerarsi è dovere, di qui l’amore per le stagioni fiorite; ritrovare la luce della memoria è riportare alla vita, testimoniare il valore, il bene che gli uomini fanno.


Dalla sua opera, versi e pittura, l’artista esclude il male che gli uomini fanno. Giustifica il corso naturale conosce bene le ragioni del sentimento che non si rassegna al punto di non ritorno, ma proprio perché nell’ordine naturale delle cose i processi di cambiamento diventano le ragioni dell’ineluttabile, conferma il valore dell’umana vicenda.
Non una favola bella e illusoria, ma una costruzione che vale la felicità d’esistere, di amare, ma con la semplicità innocente di chi tutto si dona e, trovato un sentiero di luce, lo percorre grato di averlo avuto in dono o per meriti ma sicuramente per identificazione e conoscenza.
Per Egidio Perna conta l’amore sincero: dietro la Palestra, il luogo deputato a fortificarsi e primeggiare, c’è chi persevera come Domenico e Annamaria. La semplicità è  seme di una sterminata complicazione; è chiaro che difficilmente qualcuno andrebbe oltre i segnali noti degli abiti degli sposi, ma se s’accende una lampadina, se c’è uno squillo nella mente, bianco e nero, di norma inconciliabili diventano doni proficui per chi nell’unione matrimoniale può attingervi senza riserve, la coppia coniuga armonicamente gli opposti, l’amore unisce caratteri diversi, varie dimensioni culturali.
Se la vita è maestra, come da bambini s’apprende il divieto e nel tempo se ne conosce il senso, così con un atto di ragione e fede insieme si chiarifica un verso:” lo so che non si può”.
Rime baciate, ingenue come la scelta pittorica dei prati fioriti e dei paesaggi suggestivi, ma mai lasciarsi ingannare al primo impatto: emerge sempre la complessità dal fondo di uno specchio.
Nonna Chiara, occhi e mani minuscoli, ma sempre obbedienti alla esercitata volontà; voglia di fare e donare; un esempio da venerare con amore: la vecchiaia giustificata come perseveranza: apprendere a masticar mollica è una lezione di persuasione.
Invidio all’uomo di ragione e fede quella confessione testimoniale che gli fa chiedere aiuto alle “cose” grandi e distanti, alle fonti vitali della vita della terra, d’intervenire e mutare le umane sorti. Invidio quel colloquio con la stella “musa ispiratrice delle innamorate speranze” e l’invito a scorrere nel cielo per un annuncio di desiderio esaudito.